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AREA ESPOSITIVAPERCORSI SPIRITUALI MARELLIANI OSARE LA SANTITA'!
P. Giuseppe Magliani “La primavera incomincia con il primo fiore, il giorno con il primo barlume, la notte con la prima stella, il torrente con la prima goccia, il fuoco con la prima scintilla, l’amore con il primo sogno”. Ho nella mia mente questo stupendo passo di don Primo Mazzolari, quando decido di partire alla scoperta del percorso spirituale di San Giuseppe Marello e quale sia stata quella “piccola cosa” che ha determinato in lui un grande cammino di santità. Quale sogno avrà avuto in cuore il giovane Marello quando, a venti anni, scrive all’amico Delaude quando la meta è fissa, crolli il mondo, bisogna guardare là e sempre là? Certamente, c’è in lui il desiderio di fare qualcosa di grande nella propria vita, di realizzare un ideale nel quale impegnare, con determinazione e volontà, tutte le proprie energie. La curiosità è tale che decido di proseguire il cammino: voglio capire se c’è un itinerario spirituale di santità per persone comuni. Mi colpisce la semplicità del mondo del Marello: osservando gli oggetti esposti nella prima vetrina (quaderni di scuola, libri, ritratto della madre, bussola…) immagino un ragazzo assolutamente “normale”, ma con degli interessi straordinari. Giuseppe trascorre gli anni della fanciullezza e giovinezza a San Martino Alfieri. Qui, nel suo mondo (le colline del Tanaro, la casa paterna come finestra e orizzonte aperto, strade di paese che portano alla chiesa) prende forma, giorno dopo giorno, un sogno: diventare sacerdote. La sua sorprendente determinazione vince la debole resistenza del padre: il 31 ottobre 1856 entra nel seminario di Asti. È in questo tempo della giovinezza che avviene uno dei passaggi più significativi per comprendere e apprezzare il cammino spirituale del nostro santo. Proseguendo, infatti nella visita, mi colpisce il letto e il pavimento della sua camera provenienti dalla casa di San Martino Alfieri. A 19 anni Giuseppe Marello vive un momento importante della sua vita: una grave malattia lo costringe a verificare tutte le scelte fatte e le esperienze vissute. La rapida guarigione è da lui percepita come un chiaro segnale della Madonna della volontà di Dio. Da qui nasce la decisione consapevole di rientrare in seminario e di diventare sacerdote. Il passaggio è avvenuto: gli avvenimenti, la riflessione attenta sulle vicende del mondo e la sua fede personale lo fanno passare da una concezione di vita come progetto alla scoperta della vita come vocazione. Ora il protagonista del cammino non sarà più il volitivo giovane Marello, ma al principio c’è definitivamente Dio. Intuisco la santità come il frutto di forze combinate: dell’azione di Dio con la sua grazia e dell’uomo con la sua volontà. Decisiva è l’azione di Dio: il Signore ci dà sempre la grazia per vincere; ma non può far nulla se non lo aiutiamo con la nostra volontà. Essenziale sarà la risposta dell’uomo: la potenzialità nell’uomo è indefinita; tutto sta nel valore del coefficiente…Cristo nei nostri cuori è un coefficiente infinito. E noi, povere cifre del nulla, ci possiamo moltiplicare gradatamente fino all’altezza delle cifre infinite. I due elementi (grazia e volontà) sono visti come interagenti essenziali: chiediamo al Signore che ci faccia santi, presto santi, di quella santità che lui vuole. Chi agisce, chi determina il tipo di santità è Dio! Pian piano, la vita pensata come “progetto” diventa e si realizza come “vocazione”. Ecco perché San Giuseppe Marello può essere uno stupendo modello di santità per il popolo cristiano: la vera santità deve essere dolce, arrendevole, universale, molteplice: deve estendersi a tutti gli individui e a tutte le condizioni e non restringersi alla cerchia di una bontà esclusiva forgiata a modo nostro, non conforme allo spirito di Gesù. E’, insomma, una strada percorribile da tutti! La sosta nella seconda sala è fondamentale per scoprire l’attualità di un sacerdote capace di puntare all’essenziale. Giuseppe Marello è sacerdote da un anno quando scrive: lavora, lavora al miglioramento della gioventù. L’esperienza giovanile vissuta a Torino, il contatto diretto con la situazione dei giovani troppo abbandonati a se stessi, la sensibilità personale fanno nascere in lui la volontà di fare qualcosa di concreto per educare umanamente e cristianamente la gioventù. Sarà questo uno dei suoi impegni fondamentali che lascerà poi come impegno ai suoi Oblati. Mi colpiscono gli oggetti esposti su un tavolo e utilizzati da don Giuseppe Marello quando era segretario del Vescovo: un lavoro umile e silenzioso che diventa per lui una possibilità di ascolto, di dialogo e di servizio, a tempo pieno, per la Chiesa. Suggestivo l’angolo con un inginocchiatoio e un crocifisso provenienti dalla casa paterna di San Martino Alfieri. In un tempo in cui è forte l’influenza del giansenismo, con la sua morale rigorosa e intransigente, don Giuseppe Marello è, per la gente, il confessore impegnato ad aiutare ogni penitente a rinnovarsi nello spirito e a riposare nella misericordia del Signore che assorbe tutte le debolezze della nostra inferma natura. La sedia, appartenente all’Opera Pia Milliavacca, e utilizzata spesso da don Giuseppe testimonia come la predicazione e la catechesi siano stati due degli impegni fondamentali ai quali il Marello dedica molto del tempo a sua disposizione. Sono tante le specie di predicazioni: …a tutti dappertutto, con gli occhi, con la bocca, con tutta la persona. Infine, un altare: qui trovo il riferimento ad una delle dimensioni fondamentali della sua spiritualità. L’eucaristia è stata sempre “fonte e culmine” del suo ministero sacerdotale: quando stiamo per congiungerci a Cristo nella mistica unione dell’Eucaristia, trasfiguriamoci! Due atteggiamenti sono particolarmente interessanti nella vita del Marello e nel suo percorso di santità: l’amore alla Chiesa e la passione per la gente. Quando matura l’idea di fondare una Compagnia di San Giuseppe, egli pensa e vuole i suoi Figli nel cuore della Chiesa: non cerca tanto la realizzazione di un suo sogno quanto piuttosto di rispondere a delle precise domande e bisogni della società (povertà e analfabetismo) e della chiesa (aiuto nelle parrocchie). Agli Oblati ricorda che la chiesa è la nostra casa: chiede di amarla come madre e di dedicarsi, sull’esempio di San Giuseppe, a curare gli interessi di Gesù, cioè di tutti. Si tratta di armonizzare i propri progetti, impegni, attività con quelli della Chiesa ed essere sempre pronti ad andare là dove la Chiesa ci chiama a servire. A una Diocesi, profondamente divisa, Mons. Giuseppe Marello si presenta con un saluto di pace ed un programma pastorale essenziale: vengo tra voi perché fioriscanola fede, l’innocenza e la pace. Sarà vescovo tra la gente e per la gente, visitando tutte le parrocchie, preoccupandosi della vita religiosa del popolo, dell’educazione in famiglia dei ragazzi, della catechesi parrocchiale, dell’evangelizzazione. Mi fermo davanti ad una borsa, dono di un amico che lo accompagna in tutti i viaggi e alle scarpe consumate. Sono l’immagine di un vescovo sempre in cammino: non solo sulle strade della diocesi di Acqui, ma sulle strade della santità. In un mondo in cui, soprattutto i giovani, soffrono per l'eterna indecisione di operare delle scelte autentiche che qualifichino l’esistenza in rapporto a Dio i santi possono darci il coraggio di credere (anche ai sogni di Dio!) e la forza di abbandonarci ad essi.Il cammino può continuare: per chi ha coraggio e libertà di osare la santità, convinto che a Dio tutto è possibile. |